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Cara Giorgia. Capitolo 2: Le Bolle di Natale





Giorgia, se ci sei ancora, ho un appunto:

Ti avviso che non c’è nessuna gara per vincere il Premio Povertà.

Non c’è bisogno di raccontare le storie di imprenditori falliti, o di chi si è tolto la vita per sostenere la causa porti chiusi. Famiglie in difficoltà, famiglie povere o toccate dalla tragedia a causa dell’ emergenza sanitaria ci sono -nessuno dice il contrario-. Tutti hanno diritto ad essere aiutati ma prima di tutto in quanto persone, non solo perché italiani; che è lo stesso motivo per cui chiunque arrivi ha diritto a ricevere soccorso, e aggiungerei soccorso dignitoso.

Con dignitoso intendo avere una Punto per andare a lavorare, non una X5; potersi comprare un vasetto di nutella e una bottiglia di vino ogni tanto, non ostiche e champagne.


Una vita dignitosa prevede anche l’accontentarsi, ovvero trovare una misura in base alle proprie disponibilità e priorità.

Sei un operaio e ti piacciono le auto? Comprati un Alfa romeo. Sei una buona forchetta? puoi decidere di mangiare Grana Padano 48 mesi anche sulla pasta al pomodoro. Vuoi visitare il mondo? Vai pure oltreoceano ogni anno.

Il punto è non puoi guidare la tua Giulietta rossa fiammante diretto in aeroporto, dopo aver fatto un salto da Cracco per un boccone. Non te lo puoi permettere, non perché sei povero, ma perché nessuno con uno stipendio dal 1500 € potrebbe farlo.


Non dico che tutti siano così, ci sono tante persone che se non li hanno non li spendono. Però ci sono anche quelli che aumentano le ore di lavoro perché il mutuo, l’abbonamento del bus dei figli, ecc.. costano, e poi comprano 4 tipi di merendine o i succhi confezionati singolarmente, che 2 di quelli costano quanto il pacco da 6. Oppure quelli che sono senza lavoro, che si lamentano ma comprano la torta più costosa “per i bambini…così stasera gli faccio una sorpresa”. Falla tu la torta, se sei davvero preoccupato per il futuro incerto.

Detto questo il proprietario di casa non accetterà voucher di brik di succo alla pera, il mutuo non lo potrai saldare in cornetti come se fossero punti della coop: rata mensile è 300€ oppure 200€ + 12 brioches alla crema e 4 all’albicocca. Però quando queste persone si lamentano che “eh… questo mese si fa fatica”, mi viene da pensare che la fatica riguardi lo sforzo di essere in una fascia che non li appartiene, o l’incapacità di darsi delle priorità tra il telefono nuovo, prodotti costosi, e la macchina bella. Oppure che, come ho sentito dire da Fabio Volo in maniera abbastanza diretta, se sai che non ci sarà nessuno a pararti il culo quando cadrai, ci stai attento.


Accontentarsi significa capire che non tutte le cose a cui siamo stati chiamati a rinunciare durante questa emergenza sanitaria sono bisogni urgenti.

Che se le industrie devono ripartire per ridare il lavoro, la maggior parte di noi può rimanere a casa e festeggiare il Natale con le stesse persone con cui ha condiviso le cene nei giorni precedenti. Non sto parlando di anziani soli nelle proprie case, magari con un filo di depressione; o di persone che sono state danneggiate dalla chiusura di scuole, centri ricreativi, fisioterapia, controlli medici. Mi riferisco alla maggior parte di noi che un tetto, il riscaldamento, qualcuno con cui fare due chiacchere ce l’abbiamo. Noi che magari uno strappo alla regola per andare a fare una passeggiata o un giro al parco con l’amico l’abbiamo anche fatto.

È normale che ci manchino le cene con gli amici, le serate in discoteca, le pause caffè con i colleghi, le gite improvvisate della domenica. Io, che pur non sono una persona mondana, ho sentito la mancanza degli abbracci. Mi sono resa conto di quanto il mangiare insieme fosse la cornice ideale per coltivare le relazioni.


Personalmente, sento che posso rinunciare al natale (volontariamente minuscolo) inteso come contenitore, come atto fisico del sedersi attorno ad uno stesso tavolo per nutrire il legame che ci lega. Sembrerò una persona senza radici ora.


Lo dico così, senza avere né il camice bianco né un titolo. Ognuno di noi ha la sua bolla di persone che incontra, un po’perché siamo umani e senza contatto diventeremmo pazzi, un po’ per le cose che nemmeno il Corona virus può fermare (infermieri, commessi, magazzinieri, servizi di pulizie…). Come le bolle di sapone che si rompono a contatto con una superficie, anche noi rompiamo la nostra quando siamo troppo vicini a qualcun altro. La mia bolla si rompe e si riforma ogni volta che entro ed esco di casa, potenzialmente con qualcosa in più che mia mamma o mio papà avevano nella loro dopo una giornata di lavoro. Questo rischio è da mettere in conto. Io non sarei disposta a rinunciare a tutto il mio mondo e vivere in una stanza sola fino a data da destinarsi, ma nemmeno dire “natale è per le famiglie io faccio il cenone”.

Se il 25 si brinda, ci si abbraccia come se niente fosse, si usa il cucchiaio del cugino per assaggiare la crema al mascarpone che ha fatto la zia Anita allora le bolle di 3 famiglie si mischiano. 3 famiglie che, passate le feste, torneranno negli uffici, nei magazzini, nelle fabbriche, magari senza mascherina perché “mi si appannano gli occhiali”, o “non ce la faccio, soffoco”. Et voilà. il mio collega Giuseppe è come se fosse andato a prendersi un caffè al bar con l’amica della zia Anita.

Non è fatalismo, non è paura. È prevenzione e senso di responsabilità.


Quella bella frase che girava nei 3 mesi in cui ci sentivamo un unico popolo italiano che diceva “ai nostri nonni han chiesto di fare la guerra, a noi chiedono solo di stare sul divano” vale ancora.

Teniamoci le nostre bolle di natale a casa sul divano, anziché esultare agli infermieri eroi, che magari gli evitiamo di farsi il turno di notte a Capodanno.


Una cena di natale in 2 o in 4 è alla portata di chiunque non abbia particolari bisogni famigliari o personali. No, Non funziona come a scuola in cui “motivi famigliari” sul libretto, si poteva tradurre nella pratica con una tra le seguenti opzioni: prof, ieri avevo sonno; ho bruciato la verifica di filosofia; volevo uscire con Paolo.

Per questo 25 dicembre, sul libretto delle giustifiche, innanzitutto non potrai far firmare tua mamma se non è congiunta; e poi le voci “aiutare la zia Anita a posizionare Gesù bambino” o “consegna regalo al caro amico del liceo” non saranno accettate.

Non so Giorgia, potresti avere anche tu un genitore anziano, un fratello depresso. Non lo deve dire a me. Però , mi raccomando porta alla zia il Gesù bambino entro il 21 ed il regalo a Matteo daglielo dopo la befana (che essendo cristiana, saprai che si chiama Epifania del Signore).

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