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Cara Giorgia. Capitolo 3: l’etica giornalistica

Cara Giorgia, due appunti veloci prima di salutarti. Questa volta di grammatica.



°° il termine “clandestino” non è ammesso dal Testo Unico dei doveri del Giornalista.

Tu che sei giornalista lo dovresti sapere meglio di me, ma rileggiamolo insieme:










<< Doveri nei confronti degli stranieri

Il giornalista:

a) nei confronti delle persone straniere adotta termini giuridicamente appropriati seguendo le indicazioni del «Glossario», allegato al presente documento, evitando la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti; >>


Allegato 3

Glossario

Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione.

Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti, cioè, sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati.


Un rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito come una persona che: ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese’. Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi può dimostrare una persecuzione individuale.


Un beneficiario di protezione umanitariaè colui che - pur non rientrando nella definizione di ‘rifugiato’ ai sensi della Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione individuale - necessita comunque di una forma di protezione in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani. In base alle direttive europee questo tipo di protezione viene definita ‘sussidiaria’. La maggior parte delle persone che sono riconosciute bisognose di protezione in Italia (oltre l’80% nel 2007) riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari anziché lo status di rifugiato.


Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.


Un migrante/immigrato è colui che sceglie di lasciare volontariamente il paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.


Un migrante irregolare è colui che a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto ‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento.


quindi rcapitoliamo:




Ci sono nomi diversi perché chi si mette in viaggio lo fa per motivi diversi, partendo da culture e situazioni personali diverse. La realtà è complessa e io per prima ne vedo solo uno pezzo, dall’angolazione che il mio vissuto mi permette di vedere. Giorgia, non li può mettere tutti in un sacco e muoverli come un blocco unico.



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°°Secondi appunto veloce:

anche se sorvolassimo sulla questione della correttezza terminologica “micro” (anche se così non dovrebbe essere per un giornalista serio, o chi fa della politiche migratorie metà dei propri twitt), il macro problema è lo “sbarcare tranquillamente



Non voglio metterli in lizza per il premio povertà. Sono persone e non animali dello zoo a cui dai da mangiare per sentirti utile, ma solo finché ti diverte. dico solo che se una persona capisse cosa devono sopportare e quanti di loro muoiono lungo la strada, forse lei rinuncerebbe al pranzo coi nonni senza farne un post nazionale.


E’ giusto denunciare la povertà e le situazioni difficili a ‘casa nostra’, ma allora porta le storie di persone vere, della signora Giovanna, madre single con 3 figli da mantenere, del metalmeccanico Luca che non lavora da prima della pandemia.

Ma se proprio volessi giocare la carta povertà, sappi che di certo non la vinceremmo noi.


Grazie per aver letto fino a qui.

Mi trovi anche su instagram, con dei post più asciutti @responsible.eyes.


Marta


Fonti:

testo unico dei dover del giornalista

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